Dato il grande interesse suscitato, riportiamo integralmente l'intervento che l'On. Galileo Guidi ha tenuto al Convegno organizzato da Lions Club Montecatini Terme su volontariato e associazionismo il 28 novembre 2015.
L' On. Galileo Guidi è membro dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ed è stato parlamentare in due legislature.
Si ringrazia per averci concesso il permesso di pubblicare il suo intervento.
In coda riportiamo il Disegno di Legge per la riforma del terzo Settore presentato al Governo Renzi ed in corso di discussione.
Si ringrazia per averci concesso il permesso di pubblicare il suo intervento.
In coda riportiamo il Disegno di Legge per la riforma del terzo Settore presentato al Governo Renzi ed in corso di discussione.
Evoluzione legislativa tra volontariato e terzo settore
Il Volontariato è organizzato ai sensi della legge 266/91, e all'epoca della sua approvazione il terzo settore era occupato principalmente dalle sole organizzazioni di volontariato e dalle cooperative sociali. Successivamente sono intervenuti parecchi provvedimenti legislativi destinare a regolamentare nuovi soggetti del terzo settore. Mi riferisco al DPR 460/97 sulle ONLUS, alla legge sulle associazioni di promozione sociale e per ultima alla legge sull'impresa sociale. Il terzo settore così articolato deve confrontarsi anche con le novità introdotte dalla legge 3/2001 che ha modificato la Costituzione in relazione al riconoscimento del principio di sussidiarietà orizzontale ed alle nuove competenze legislative attribuite alle regioni in numerose materie nelle quali si svolge l'attività di volontariato. Art. 118 della Costituzione recita: "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà".
Recenti rapporti (Centro Einaudi 2015) evidenziano che nel terzo settore operano 300.000 organizzazioni, sono coinvolte 5.700.000 persone, di cui 4.500.000 volontari e 1.200.000 lavoratori dipendenti, il totale del giro economico è di 64 miliardi di euro, compresi i 12 miliardi messi a disposizione dalla filantropia. Sempre in questo rapporto vengono indicate le risorse messe a disposizione dalla Chiesa Cattolica in Italia, sono 1.169 progetti anticrisi proposti dalle strutture territoriali di cui 171 fondi diocesani e 140 progetti di microcredito. In questa pluralità di forme e di interessi con cui si manifesta il Terzo settore, non c'è da meravigliarsi se oggi il volontariato soffra in alcuni casi di una crisi di identità. La legge 266/1991 da la seguente definizione: “per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà”. Nelle attuali condizioni storiche, la missione fondamentale del volontariato è costituire il punto di riferimento per la diffusione della logica della gratuità creando rapporti fondati sulla fiducia, il rispetto reciproco ed il riconoscimento dei meriti di ciascuno. Se invece il volontariato si limiterà a svolgere ruoli di supplenza, o si accontenterà di presidiare lo spazio conquistato fino ad ora, ritengo che difficilmente potrà scongiurare una crisi profonda.
La cultura della modernità ha relegato la gratuità nella sfera privata, espellendola dalla sfera pubblica. I disastri di una società dove il denaro e il successo economico personale sono i messaggi prevalenti e la sfera pubblica è concepita come occasione di raggiungimento di obbiettivi personali sono sotto gli occhi di tutti. La sfida che le associazioni e le organizzazioni di volontariato devono lanciare è quella di dispiegare nella sfera pubblica e privata il principio della gratuità.
Non dobbiamo però confondere la gratuità con la non remunerazione, la gratuità è essenzialmente una virtù, che presuppone e richiede una precisa disposizione d'animo, solo ciò che nasce da una forte motivazione intrinseca può essere veramente gratuito, in quanto davvero libero da ogni condizionamento. E' necessario comunque garantire ai volontari di poter svolgere la propria azione senza un impegno economico personale: questa attività non deve essere impedita ai meno abbienti che si troverebbero a farla con maggiori difficoltà. Nello stesso tempo l'attività di volontariato richiede oggi di dotarsi di competenze professionali sempre maggiori.
In questo ambito è opportuno ricercare nuovi rapporti tra le associazioni di volontariato e le istituzioni private sia profit che non profit, che potrebbero approfittare delle nuove competenze acquisite, anche allo scopo di facilitare chi intende impegnarsi in attività di volontariato. Tutto questo deve guidare alla ricerca di soluzioni, anche innovative con il mondo delle imprese ed il sindacato, per affrontare il problema del finanziamento delle attività.
Tenendo conto di questa complessità ritengo che il volontariato entro il Terzo Settore debba avere un ruolo complementare e non sostitutivo rispetto all'ente pubblico nella fornitura dei servizi e debba diventare un “valore aggiunto” a disposizione della comunità.
La presenza del volontariato nel Terzo Settore ha anche lo scopo di tenere alta, all'interno di esso, la tensione etica per evitare i possibili rischi di una deriva di tipo economicista. Deve essere valorizzato il rilievo che l'attività del volontariato ha in un contesto di crisi economica e sociale nel quale crescono forme di povertà, di esclusione, di precarizazione, di impoverimento delle relazioni umane primarie e contemporaneamente diminuiscono in maniera costante le risorse economiche pubbliche destinate alla realizzazione del welfare.
All'interno di questi cambiamenti è opportuno, secondo la mia opinione, comunque mantenere al volontariato un ruolo complementare e non sostitutivo dell'intervento pubblico.
Al volontariato, in questo momento di grave crisi, è richiesto un impegno particolare per svolgere adeguatamente l'attività di advocacy (difesa, patrocinio, sostegno) prendendosi carico della persona in difficoltà nella sua globalità. Oggi accanto alle usuali attività a sostegno dei bisogni, che sempre più si fanno evidenti, è fondamentale che le associazioni di volontariato si impegnino per valutare come vengano utilizzate le risorse pubbliche attualmente disponibili. Ritengo opportuno ricordare che la legge 266/1991 afferma che: ”La repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo..”. Anche il testo di legge di riforma del Terzo settore attualmente in discussione al Senato conferma la finalità. "elevare i livelli di cittadinanza attiva, coesione e protezione sociale favorendo la partecipazione".
Per realizzare il primario ruolo della partecipazione, le organizzazioni del volontariato devono chiedere l'apertura di nuovi tavoli e l'attivazione di quelli esistenti a livello nazionale, regionale e locale dove si possa discutere di come vengono utilizzate le risorse pubbliche disponibili, in modo che le energie presenti sui territori possano essere utilizzate al meglio. Al fine dello svolgimento del proprio ruolo, i partecipanti a questi tavoli non devono avere conflitti di interessi e devono essere in grado di accedere ai dati statistici e richiedere specifiche analisi e approfondimenti all'istituzione pubblica e a coloro che gestiscono i servizi.
Il volontariato deve farsi protagonista delle pratiche partecipative che a tutti i livelli possono essere messe in atto evitando, come ben raccomandano gli studiosi della materia, di trasformare pratiche partecipative in pratiche concertative. Infatti la partecipazione non equivale alla concertazione delle decisioni politiche con i rappresentanti di interessi di categoria, ma rappresenta uno strumento di democratizzazione delle scelte ed insieme di aumento della qualità delle scelte medesime perchè più informate e dunque più consapevoli.
A questo proposito diventa critica la partecipazione a questi tavoli di quelle associazioni appartenenti al Terzo Settore che erogano servizi finanziati con riosrse pubbliche.
Diventa indispensabile realizzare un punto di equilibrio nuovo tra democrazia rappresentativa ( a cui spetta la responsabilità ultima delle decisioni) e la democrazia partecipativa, le forme attraverso cui i cittadini possono concorrere al governo della cosa pubblica; non solo essere informati e consultati, ma anche contribuire, con la loro esperienza, ad una migliore qualità delle decisioni collettive.
E' necessario un approccio metodologico nuovo alla partecipazione, in particolare nelle norme riguardanti la programmazione e verifica dei, ma anche nella definizione degli standard di qualità degli stessi.
Significative sono le direttive per la promozione del diritto di informazione, considerato e definito come condizione fondamentale per consentire il libero e consapevole accesso ai servizi. La promozione dell'informazione,oggi facilitata anche dall'innovazione tecnologica, è indispensabile anche per la successiva verifica della qualità ed efficacia dei servizi stessi. Queste innovazioni potranno rappresentare per le associazioni di volontariato una nova sfida, i nuovi processi partecipativi presuppongono infatti l'esistenza di organizzazioni in grado di rappresentare interessi collettivi, o che comunque sono in grado di esprimere il punto di vista anche culturale od etico di una parte della società. Non si intende più la partecipazione solo come consultazione ma si richiede un protagonismo nuovo che sia in grado di mettere a disposizioni informazioni, conoscenze, nuove culture capaci di migliorare la decisione politica.
Per rispondere al meglio a questa sfida è necessario che il mondo associativo faccia uno sforzo ulteriore che porti, nel rispetto di tutte le esigenze, al superamento della parcellizzazione attuale. Mi ha fatto piacere leggere nel testo di riforma all'ettenzione del parlamento all'art. 4 comma n: "Prevedere strumenti che favoriscano i processi aggregativi, anche a livello regionale e di provincia autonoma, di enti con finalità statutarie affini, anche allo scopo di definire la loro rappresentatività presso i soggetti istituzionali".
La Camera dei deputati ha approvato lo scorso 9 aprile il disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore: " Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale". Il testo DDL 1870 è attualmente all'esame del Senato.
Le novità più significative sono la definizione di un ambito ben preciso di ente del Terzo Settore trattando in parti diverse il no profit e il volontariato e la disciplina del Servizio civile universale.
Per terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civilistiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà ed in coerenza dei rispettivi statuti o atti costitutivi, pruomovono e realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonchè attraverso forme di mutualità".
Viene lasciata la massima libertà di associazione ma si mettono nero su bianco i criteri attraverso i quali gli enti hanno diritto agli sgravi fiscali, oppure le modalità di accesso alle donazioni del 5 per mille. Le associazioni per accedere a questi benefici dovranno avere requisiti definiti e verificabili. Enti ed associazioni riconosciute dallo stato verranno iscritti in un unico registro, mentre oggi ne esistono 15.
Il testo approvato dalla Camera è composto di 11 articoli nei quali sono indicate le linee generali che dovranno giudare il governo ad emanare successivamente i relativi regolamenti, interessante notare come le materie vengono scorporate, l'art. 4 "Riordino e revisione della disciplina del Terzo settore e codice del Terzo settore", l'art. 5 "Attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso", art. 6 "Impresa sociale", art. 8 "Servizio civile universale", art. 9 "Misure fiscali e di sostegno economico".
Relativamente al servizio civile universale (rivolto ai giovani tra i 18 e i 28 anni) è finalizzato: "alla difesa dei valori fondativi della patria, attraverso la realizzazione di esperienze di cittadinanza attiva, di solidarietà e inclusione sociale". Lo stesso servizio civile potrà essere svolto in altri Stati europei e per progetti di promozione della pace o di cooperazione anche al di fuori dell'Unione europea.
Dobbiamo augurarci che i lavori parlamentari si concludano rapidamente in modo che il governo possa cominciare a lavorare sui regolamenti. Il processo di riforma è estremamente importante, ritengo che sarebbe necessario accompagnarlo con una partecipazione più attenta da parte del mondo del volontariato e delle associazioni.
Grazie per l'occasione che oggi ci è stata data
Galileo Guidi
Recenti rapporti (Centro Einaudi 2015) evidenziano che nel terzo settore operano 300.000 organizzazioni, sono coinvolte 5.700.000 persone, di cui 4.500.000 volontari e 1.200.000 lavoratori dipendenti, il totale del giro economico è di 64 miliardi di euro, compresi i 12 miliardi messi a disposizione dalla filantropia. Sempre in questo rapporto vengono indicate le risorse messe a disposizione dalla Chiesa Cattolica in Italia, sono 1.169 progetti anticrisi proposti dalle strutture territoriali di cui 171 fondi diocesani e 140 progetti di microcredito. In questa pluralità di forme e di interessi con cui si manifesta il Terzo settore, non c'è da meravigliarsi se oggi il volontariato soffra in alcuni casi di una crisi di identità. La legge 266/1991 da la seguente definizione: “per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà”. Nelle attuali condizioni storiche, la missione fondamentale del volontariato è costituire il punto di riferimento per la diffusione della logica della gratuità creando rapporti fondati sulla fiducia, il rispetto reciproco ed il riconoscimento dei meriti di ciascuno. Se invece il volontariato si limiterà a svolgere ruoli di supplenza, o si accontenterà di presidiare lo spazio conquistato fino ad ora, ritengo che difficilmente potrà scongiurare una crisi profonda.
La cultura della modernità ha relegato la gratuità nella sfera privata, espellendola dalla sfera pubblica. I disastri di una società dove il denaro e il successo economico personale sono i messaggi prevalenti e la sfera pubblica è concepita come occasione di raggiungimento di obbiettivi personali sono sotto gli occhi di tutti. La sfida che le associazioni e le organizzazioni di volontariato devono lanciare è quella di dispiegare nella sfera pubblica e privata il principio della gratuità.
Non dobbiamo però confondere la gratuità con la non remunerazione, la gratuità è essenzialmente una virtù, che presuppone e richiede una precisa disposizione d'animo, solo ciò che nasce da una forte motivazione intrinseca può essere veramente gratuito, in quanto davvero libero da ogni condizionamento. E' necessario comunque garantire ai volontari di poter svolgere la propria azione senza un impegno economico personale: questa attività non deve essere impedita ai meno abbienti che si troverebbero a farla con maggiori difficoltà. Nello stesso tempo l'attività di volontariato richiede oggi di dotarsi di competenze professionali sempre maggiori.
In questo ambito è opportuno ricercare nuovi rapporti tra le associazioni di volontariato e le istituzioni private sia profit che non profit, che potrebbero approfittare delle nuove competenze acquisite, anche allo scopo di facilitare chi intende impegnarsi in attività di volontariato. Tutto questo deve guidare alla ricerca di soluzioni, anche innovative con il mondo delle imprese ed il sindacato, per affrontare il problema del finanziamento delle attività.
Tenendo conto di questa complessità ritengo che il volontariato entro il Terzo Settore debba avere un ruolo complementare e non sostitutivo rispetto all'ente pubblico nella fornitura dei servizi e debba diventare un “valore aggiunto” a disposizione della comunità.
La presenza del volontariato nel Terzo Settore ha anche lo scopo di tenere alta, all'interno di esso, la tensione etica per evitare i possibili rischi di una deriva di tipo economicista. Deve essere valorizzato il rilievo che l'attività del volontariato ha in un contesto di crisi economica e sociale nel quale crescono forme di povertà, di esclusione, di precarizazione, di impoverimento delle relazioni umane primarie e contemporaneamente diminuiscono in maniera costante le risorse economiche pubbliche destinate alla realizzazione del welfare.
All'interno di questi cambiamenti è opportuno, secondo la mia opinione, comunque mantenere al volontariato un ruolo complementare e non sostitutivo dell'intervento pubblico.
Al volontariato, in questo momento di grave crisi, è richiesto un impegno particolare per svolgere adeguatamente l'attività di advocacy (difesa, patrocinio, sostegno) prendendosi carico della persona in difficoltà nella sua globalità. Oggi accanto alle usuali attività a sostegno dei bisogni, che sempre più si fanno evidenti, è fondamentale che le associazioni di volontariato si impegnino per valutare come vengano utilizzate le risorse pubbliche attualmente disponibili. Ritengo opportuno ricordare che la legge 266/1991 afferma che: ”La repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo..”. Anche il testo di legge di riforma del Terzo settore attualmente in discussione al Senato conferma la finalità. "elevare i livelli di cittadinanza attiva, coesione e protezione sociale favorendo la partecipazione".
Per realizzare il primario ruolo della partecipazione, le organizzazioni del volontariato devono chiedere l'apertura di nuovi tavoli e l'attivazione di quelli esistenti a livello nazionale, regionale e locale dove si possa discutere di come vengono utilizzate le risorse pubbliche disponibili, in modo che le energie presenti sui territori possano essere utilizzate al meglio. Al fine dello svolgimento del proprio ruolo, i partecipanti a questi tavoli non devono avere conflitti di interessi e devono essere in grado di accedere ai dati statistici e richiedere specifiche analisi e approfondimenti all'istituzione pubblica e a coloro che gestiscono i servizi.
Il volontariato deve farsi protagonista delle pratiche partecipative che a tutti i livelli possono essere messe in atto evitando, come ben raccomandano gli studiosi della materia, di trasformare pratiche partecipative in pratiche concertative. Infatti la partecipazione non equivale alla concertazione delle decisioni politiche con i rappresentanti di interessi di categoria, ma rappresenta uno strumento di democratizzazione delle scelte ed insieme di aumento della qualità delle scelte medesime perchè più informate e dunque più consapevoli.
A questo proposito diventa critica la partecipazione a questi tavoli di quelle associazioni appartenenti al Terzo Settore che erogano servizi finanziati con riosrse pubbliche.
Diventa indispensabile realizzare un punto di equilibrio nuovo tra democrazia rappresentativa ( a cui spetta la responsabilità ultima delle decisioni) e la democrazia partecipativa, le forme attraverso cui i cittadini possono concorrere al governo della cosa pubblica; non solo essere informati e consultati, ma anche contribuire, con la loro esperienza, ad una migliore qualità delle decisioni collettive.
E' necessario un approccio metodologico nuovo alla partecipazione, in particolare nelle norme riguardanti la programmazione e verifica dei, ma anche nella definizione degli standard di qualità degli stessi.
Significative sono le direttive per la promozione del diritto di informazione, considerato e definito come condizione fondamentale per consentire il libero e consapevole accesso ai servizi. La promozione dell'informazione,oggi facilitata anche dall'innovazione tecnologica, è indispensabile anche per la successiva verifica della qualità ed efficacia dei servizi stessi. Queste innovazioni potranno rappresentare per le associazioni di volontariato una nova sfida, i nuovi processi partecipativi presuppongono infatti l'esistenza di organizzazioni in grado di rappresentare interessi collettivi, o che comunque sono in grado di esprimere il punto di vista anche culturale od etico di una parte della società. Non si intende più la partecipazione solo come consultazione ma si richiede un protagonismo nuovo che sia in grado di mettere a disposizioni informazioni, conoscenze, nuove culture capaci di migliorare la decisione politica.
Per rispondere al meglio a questa sfida è necessario che il mondo associativo faccia uno sforzo ulteriore che porti, nel rispetto di tutte le esigenze, al superamento della parcellizzazione attuale. Mi ha fatto piacere leggere nel testo di riforma all'ettenzione del parlamento all'art. 4 comma n: "Prevedere strumenti che favoriscano i processi aggregativi, anche a livello regionale e di provincia autonoma, di enti con finalità statutarie affini, anche allo scopo di definire la loro rappresentatività presso i soggetti istituzionali".
La Camera dei deputati ha approvato lo scorso 9 aprile il disegno di legge delega per la riforma del Terzo settore: " Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale". Il testo DDL 1870 è attualmente all'esame del Senato.
Le novità più significative sono la definizione di un ambito ben preciso di ente del Terzo Settore trattando in parti diverse il no profit e il volontariato e la disciplina del Servizio civile universale.
Per terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civilistiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà ed in coerenza dei rispettivi statuti o atti costitutivi, pruomovono e realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonchè attraverso forme di mutualità".
Viene lasciata la massima libertà di associazione ma si mettono nero su bianco i criteri attraverso i quali gli enti hanno diritto agli sgravi fiscali, oppure le modalità di accesso alle donazioni del 5 per mille. Le associazioni per accedere a questi benefici dovranno avere requisiti definiti e verificabili. Enti ed associazioni riconosciute dallo stato verranno iscritti in un unico registro, mentre oggi ne esistono 15.
Il testo approvato dalla Camera è composto di 11 articoli nei quali sono indicate le linee generali che dovranno giudare il governo ad emanare successivamente i relativi regolamenti, interessante notare come le materie vengono scorporate, l'art. 4 "Riordino e revisione della disciplina del Terzo settore e codice del Terzo settore", l'art. 5 "Attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso", art. 6 "Impresa sociale", art. 8 "Servizio civile universale", art. 9 "Misure fiscali e di sostegno economico".
Relativamente al servizio civile universale (rivolto ai giovani tra i 18 e i 28 anni) è finalizzato: "alla difesa dei valori fondativi della patria, attraverso la realizzazione di esperienze di cittadinanza attiva, di solidarietà e inclusione sociale". Lo stesso servizio civile potrà essere svolto in altri Stati europei e per progetti di promozione della pace o di cooperazione anche al di fuori dell'Unione europea.
Dobbiamo augurarci che i lavori parlamentari si concludano rapidamente in modo che il governo possa cominciare a lavorare sui regolamenti. Il processo di riforma è estremamente importante, ritengo che sarebbe necessario accompagnarlo con una partecipazione più attenta da parte del mondo del volontariato e delle associazioni.
Grazie per l'occasione che oggi ci è stata data
Galileo Guidi